Che cosa non si fa per l’arte e la cultura! Viene proprio da dirlo, dopo aver assistito allo spettacolo Signori in carrozza, da Londra e Bombay con la valigia delle Indie, di Andrej Longo, andato in scena domenica scorsa al Feronia. Un cast strepitoso, formato da attori, cantanti e musicisti, e guidato dalla regia di Paolo Sassanelli, presente sul palco con un ruolo minore, ha portato una ventata di allegria e un clima di festa, in armonia col periodo natalizio che stiamo vivendo.
Siamo nell’immediato secondo dopoguerra. Il signor Rizzo, un vulcanico e divertentissimo Giovanni Esposito, è il custode del teatro Verdi di Brindisi, ora semidistrutto dal conflitto; il suo sogno è di farlo tornare a vivere. Inventa così una bella scusa: il ripristino della linea ferroviaria denominata La valigia delle Indie, che collegava Londra a Brindisi, attiva tra il 1870 e il 1914. Dalla città pugliese, il viaggio per l’oriente proseguiva poi in piroscafo, fino a Bombay. Rizzo sparge la voce che la compagnia ferroviaria è alla ricerca di artisti che dovranno allietare i passeggeri del treno e del piroscafo, con spettacoli di varietà.
Si presentano all’audizione, proprio nel vecchio teatro, due gruppi di artisti che sfoggiano gran parte del proprio repertorio per affermare la propria superiorità e salire sul treno. È una sfida seria, combattuta a suon di canzoni, sceneggiate, balli e folklore. Il signor Rizzo dice di aver bisogno di tempo per decidere, così le due compagnie rivali sono costrette a trascorrere la notte insieme nel teatro. La convivenza fa nascere sentimenti importanti e riflessioni profonde sul valore dell’arte e sui terribili eventi storici appena trascorsi; alla fine, si comprende che le differenze sono poche, che l’amore per il teatro deve unire, deve mettere insieme competenze e talenti e non dividere. Si arriva perfino ad ipotizzare uno spettacolo tutti insieme e i “leader” delle due compagnie sognano un futuro insieme, in America. Inoltre, sembra che quella sala sia abitata da una strana e inquietante figura che vuole a tutti costi far esibire le due compagnie sul palco del Verdi, pena una terribile maledizione. Si tratta ovviamente di Rizzo, convinto che “i sogni siano il motore del mondo” e il suo, di sogno, è che proprio quel palco, calcato da fior fiori di artisti, torni ad aprire il sipario. D’altronde è vero o no che il teatro è l’unico posto dove si viaggia davvero, più che su un treno? Insomma, il teatro ha parlato di se stesso domenica, ha confermato al pubblico, partecipe e divertito, di essere un luogo magico, dove gli artisti cantano e ballano, è vero, ma soprattutto fanno cantare e ballare. Dove gli artisti smuovono emozioni. Purtroppo non manca una nota di amarezza in uno spettacolo così delizioso: amarezza perché la cultura sembra essere sempre l’ultima delle preoccupazioni di chi ci governa, anzi, il posto giusto dove togliere e tagliare fondi e finanziamenti. Una sfortunata terra di nessuno. Che dobbiamo fare per dimostrare che è invece una irrinunciabile terra di tutti?
Michela Ciciliani